RecensioniSalute mentale

Il momento felice

*recensione del testo Franco Basaglia, pensiero, pratiche, politica (Colucci, Di Vittorio) per la collana 180 – archivio critico della salute mentale (Meltemi Editore)

Difficile seguire Basaglia, anche per chi ha lottato insieme a lui. Ma come? Proprio adesso che bisognerebbe raccogliere i frutti di un lavoro lungo e faticoso, ancora dubbi? E perché mai? I manicomi non stati chiusi per legge? La battaglia non è stata vinta?

Colucci, Di Vittorio (2024)

Nei passaggi da un capitolo all’altro, a volte nell’arco della stessa pagina, della stessa frase, alcune volte nel tenue arco di tempo che mi è servito per intuire il significato profondo di alcune singole parole, ecco in questi lassi di tempo mi è successo, durante la lettura di questo testo, di essere attraversato da sottili ma evidenti tuffi al cuore; qualcosa che assomiglia alla vertigine, ad una vertigine di là da venire, un vuoto allo sterno colmo di bellezza ma anche di spavento e di rabbia. Ma come? Proprio adesso che abbiamo fatto la rivoluzione Basaglia rompe ancora le scatole? Non si accontenta mai, non si ferma, le sue parole e le sue vicende sono percorse da un fremito infinito, lungo un moto continuo ma irregolare, fatto di pause riflessive e corse impazzite.

Il testo di Colucci e di Di Vittorio è carne viva, pulsa di vicende umane, pulsa di passioni, di frustrazioni, di idee. Le pagine prendono corpo e lasciano il segno sul corpo di chi legge. Cerco di raccontare niente che abbia a che fare con la mistica o con la metafisica, ma, al contrario, qualcosa che abbia a che fare con la vita nella sua interezza e concretezza angosciante e bellissima. Il testo riesce nell’impresa di restituire sia la complessità del pensiero di Franco Basaglia che il senso di frenesia indomita, di vita consumata per un’impresa che attraversa tutta la vicenda dello psichiatra veneziano. Conclusa la lettura ho avuto l’impressione (illusoria, ingenua, sognante) di essere stato per un po’ a Gorizia, a Parma, a Trieste, a Roma, di aver respirato l’aria di una storia rivoluzionaria e probabilmente irripetibile. Il libro tiene il ritmo di questa storia e restituisce, grazie ad una costruzione sapiente dei capitoli, l’energia di quel decennio, l’ottimismo della volontà che animava Basaglia.

Basaglia, non so perché, me lo immagino alto e caracollante; me lo immagino ticcoso e oscillante, come se quell’altezza esagerata potesse essere gestita solo oscillando avanti e indietro, a destra e a sinistra. Insomma: in perpetuo disequilibrio. È un’immagine che mi restituisce il senso complessivo di questo libro e, meno modestamente, della vicenda e del pensiero che il libro racconta.

Pensiero, pratiche, politica: questo il sottotitolo. Basaglia è alto, vede lungo e oscilla: oscilla tra pensiero, pratica, politica e il dubbio. Mi accorgo, solo mentre scrivo, che sono addirittura quattro i poli di oscillazione della vicenda basagliana: c’è un pensiero radicalmente fenomenologico, c’è una pratica criticamente marxista, c’è una politica di strategia e non di sola tattica e c’è il dubbio costante dell’incontro tra i soggetti, tra i soggetti e le collettività, tra i soggetti e la scienza, tra i soggetti e la politica. Il dubbio, che non è altro che una forma di epochè impegnata nelle cose del mondo, è la sorgente a cui attingere quando siamo attraversati dalle domande di senso, dalle domande radicali: che cos’è la follia? Chi sono io di fronte alla follia? Chi sono gli esseri umani l’uno per l’altro? Esiste un modo di diverso per stare uno di fronte all’altro, per stare insieme?

Non troverete, in questo testo (così come nei testi scritti direttamente dai coniugi Basaglia), una risposta a queste domande, ma troverete (seppur nelle pieghe nascoste della carta che avrete tra le mani) i passaggi pratici e di pensiero che ci possono avvicinare alla sorgente delle risposte. Basaglia si avvicina alla sorgente del dubbio perpetuo e della crisi permanente mettendo tra parentesi la malattia, che ha voluto di certo significare (come i due autori tendono a specificare più volte nel testo) non la negazione della follia ma piuttosto la messa in dubbio di tutti quei dispositivi ideologici che coprono, invadono e totalizzano il discorso della follia, il discorso dell’altro sul campo del praticamente vero, nello spazio dell’incontro corporeo tra le persone.

Basaglia ci insegna il rischio, il coraggio e la responsabilità di correre quel rischio che corriamo ogni volta che proviamo a denudarci di fronte all’altro, ogni volta che proviamo a mettere radicalmente in dubbio chi sono io per te e chi sei tu per me. La vicenda basagliana è la vicenda della chiusura dei manicomi, è la vicenda di come restituire dignità a chi non ha più nulla ma è soprattutto la vicenda di un impossibile enigma da risolvere: l’enigma del dialogo, dell’incontro.

Di Vittorio e Colucci ci esortano a leggere attentamente cosa dice Basaglia In Brasile nel 1979, pur trovandosi in un Paese martoriato dalla miseria:

(…) parlando per assurdo, potrei alimentare tutti gli uomini, offrire casa a tutti, creare condizioni di conforto materiale che possano soddisfare tutti. Tuttavia, il dolore che opprime l’uomo, l’angoscia di ogni giorno nella relazione con gli altri uomini, tutto questo io non posso risolverlo. Questa angoscia esistenziale fa parte dell’uomo (…) non c’è ricetta, né dal punto di vista politico, né a livello di buona volontà, che possa risolvere questa contraddizione.

Colucci, Di Vittorio (2024)

Questo libro è assolutamente da leggere e rileggere e leggere ancora; insegna un gesto rivoluzionario, una postura scientifica radicale: insegna a stare nell’enigma della vita, a non accontentarsi mai delle verità date una volta per tutte e delle relative e pericolose ideologie di dominio. Insegna a stupirci ogni volta del momento felice, del momento di vuoto e di incertezza che si viene a creare ogni qual volta ci si spoglia faticosamente della propria quota di privilegio per fare spazio alla follia, alla sragione, all’irrazionalità del soggettivo, dell’Altro.

Gianluca D'Amico

Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-evoluzionista. Vive e lavora a Torino. Si occupa di sostenibilità delle cure in salute mentale, di storia ed epistemologia della psicoterapia e della psichiatria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Back to top button