Il presente è la prima parte del convegno “Atmosfera e incontro. I fondamenti della clinica fenomenologico-dinamica“. Nel presente video gli interventiti di Tonino Griffero e Giovanni Stanghellini. La seconda parte del convegno è invece visibile “Atmosfera e incontro – Parte 2”
Un ringraziamento sincero va a chi, effettivamente ci ospita. Alla città di Napoli. Per me è un onore essere qui, e soprattutto essere qui a Napoli, in questo storico contesto. Durante i miei periodi di studio e di formazione, al Nord Italia ed all’estero, Napoli era immediatamente scartata e rifiutata dalla maggior parte dei professionisti. La decenza ed il decoro erano prerogative di altre parti d’Italia. Il mare non bagna Napoli, si direbbe.
Tuttavia, mi sono chiesto, è mai possibile che un intreccio così ricco di doni della natura e di capolavori della cultura, non abbia nulla, o quasi da dire, rispetto alla ricerca ed alla cura delle forme di sofferenza umana? Com’è possibile che, dopo le esperienze pioneristiche campane, addirittura di quasi un secolo fa, la psichiatria, la psicologia, la salute mentale, siano qui ancora così lacunose? Levi Bianchini era un rinomato psicoanalista ed era il direttore del manicomio di Nocera Inferiore. Sergio Piro era un antropo-fenomenologo ed il direttore del manicomio di Nocera Superiore.
Ma dopo queste esperienze, proprio quando la Legge 180 è entrata in vigore, proprio quando le cattedre di psichiatria si sono separate da quelle di neurologia, qualcosa è andato storto. Quella funzione di recupero del RAPPORTO dell’uomo con il mondo, che, in ultima analisi, è l’obiettivo di ciò che si chiama psichiatria, psicologia o salute mentale, è stata negata. Si sono, infatti, riprodotte le stesse dinamiche istituzionali di esclusione e custodia del diverso, ma in ambito, per così dire, territoriale. Non è stata la follia, liberatasi dalle catene e dalle mura manicomiali, a diffondersi nel mondo. Ma è stata la ragione della custodia e dell’esclusione a farlo.
In questi termini, il mondo e l’essere umano che vi abita hanno perso di rilevanza. All’interno di istituzioni che dovevano essere aperte, la psichiatria e la salute mentale campana hanno, in larga parte, chiuso le porte del pensiero, della ricerca sull’uomo e sulle sue possibilità di trasformazione. Le Università di Napoli, con poche eccezioni, si sono dedicate allo studio di dati statistici ed epidemiologici. Spacciandoli per psichiatria o psicopatologia. Le istituzioni pubbliche territoriali hanno creato castelli burocratici ed impenetrabili, in cui gli obiettivi divengono il respingimento o la custodia della sofferenza umana.
Ci si è trincerati dietro al problema dello “stigma”. Napoli e la Campania sarebbero delle regioni “arretrate”, dove le persone non avrebbero consapevolezza delle proprie problematiche di salute mentale e quindi non si farebbero curare. Non ci siamo accorti che l’arretratezza culturale è la nostra. Lo stigma è il nostro, di noi terapeuti, che a malapena crediamo in possibilità di trasformazione e cambiamento. Il lamento è il nostro manuale diagnostico.
Continua…