Molti psicologi ritengono che la psicologia dovrebbe occuparsi di più delle persone nella loro globalità, che dovrebbe concentrarsi di più sulla “reale esperienza umana”. In un certo senso tutto ciò è comico (è come se i marinai decidessero improvvisamente di doversi interessare alle navi), ma in un altro senso è necessario, in quanto la vanità ha portato gli psicologi a voltare le spalle alle persone. Il forte desiderio di essere considerati, dopo tutto, degli scienziati, li ha portati a preferire la bambola meccanica, l’interazione chimica o il topo prigioniero dell’ambiente come modelli di umanità (Bannister e Fransella, 1980).
Siamo al terzo appuntamento con Connessioni, ovvero al terzo tentativo, in divenire, di integrazione tra i saperi e le pratiche in Psicoterapia. Questa volta l’intervista, che ha un titolo un po’ presuntuoso (ne siamo consapevoli), nasce dallo studio di un testo a cura di F.Mancini e A. Pacciola dal titolo appunto “Cognitivismo esistenziale, dal significato del sintomo al significato della vita” e nello specifico dal contributo di uno degli autori, Armando Cotugno, psicoterapeuta cognitivista ed evoluzionista ma con una passione, ereditata dal maestro Gianni Liotti, per l’analisi esistenziale di Viktor Frankl. I costrutti frankliani di autotrascendenza, autodistanziamento e volontà di significato trovano una certa affinità e sovrapposizione ad alcuni costrutti del cosiddetto cognitivismo della terza generazione: si pensi in primis ai costrutti di bisogno epistemico (McLean, 1984) a quelli di accettazione e impegno (Hayes, 1999) o anche allo stesso costrutto di mastery metacognitiva (Dimaggio, 2019).
Dati i punti di contatti tra i due modelli, ci muoveremo all’interno di una delle possibilità di integrazione che la letteratura ci suggerisce, la cosiddetta “framework strategy” (Lapworth, 2001): strategia metodologica che permette a concetti e tecniche già esistenti in psicoterapia di essere adottati da modelli sostanzialmente nuovi. Ma ci chiediamo, e ne approfitteremo per chiederlo al Dott. Cotugno (cognitivista con attitudine fenomenologica) come sia possibile tenere insieme l’epistemologia cognitivista e quella Logoterapica; inoltre ci chiederemo quale teoria sull’uomo supporti questa possibilità di integrazione; infine, ed è forse la questione che ci sta più a cuore, ci chiederemo come questa bizzarra (ma vedremo nemmeno così tanto) accoppiata possa avere dei risvolti pratici per il clinico.
Parafrasando Bannister e Fransella, cercheremo di muoverci tra l’ovvio e il necessario, ovvero tra la nostra attitudine di psicologi a occuparci delle forme dell’esperienza umana e il nostro tentativo (o speranza) di scienziati di essere coerenti e metodologicamente fondati.