Di quale corpo si occupa la fenomenologia? Cosa vuol dire corpo vissuto? In questa intervista Gilberto Di Petta ci accompagna dentro un’idea centrale per la fenomenologia: il nostro corpo non è soltanto il corpo che noi abbiamo, ma è il corpo che noi siamo. Partendo da questo punto di vista cambiano aspetto la maggior parte dei tradizionali problemi della psicologia e della psichiatria. Il Mind-Body Problem e l’annosa diatriba tra innatismo ed ambientalismo, ad esempio, diventano dei falsi problemi se guardati a partire dall’idea che l’essere umano è innanzitutto “un corpo che si apre al mondo e all’Altro“. Se la mente umana è il campo di esperienza che emerge a partire dall’interazione di un corpo vivente con il suo mondo non ha più senso chiedersi quale sia il rapporto tra mente e corpo ne se venga prima l’organismo o l’ambiente.
Ma anche la psichiatria e la psicoterapia, che hanno a che fare con l’umano sofferente, assumono una nuova forma alla luce dell’idea che “l’unico vero oggetto psichico è il corpo”. Nell’incontro con un paziente non si sta più soltanto di fronte ad un corpo da osservare, analizzare e spiegare (magari inserendolo in uno degli infiniti sistemi diagnostici a disposizione), ma si sta di fronte ad un corpo vissuto, che incarna la storia dell’Altro con tutta la sua soggettività da comprendere. Insomma, questa idea, messa in luce da Gilberto Di Petta in questa intervista, che “la fenomenologia si occupa di quello che accade tra la persona e il mondo”, muta radicalmente il compito di ogni clinico che venga ad avere a che fare con il corpo sofferente dell’Altro nella sua totalità significativa.
Per chi fosse interessato ad approfondire ulteriormente le idee e gli studi della fenomenologia sulla questione del corpo vissuto, vi invitiamo a guardare la nostra recente intervista “The embodied mind” con Thomas Fuchs dell’Università di Heidelberg e a leggere il nostro breve compendio “La mente dal corpo. L’embodiment tra fenomenologia e neuroscienze“.
Buona visione!
Giuseppe Salerno