La Fenomenologia dell’Angoscia, di Stefano Micali
Non si trattava di un obiettivo poco ambizioso, quello di tratteggiare una descrizione fenomenologica dell’angoscia. L’angoscia, una delle più perturbanti esperienze a cui siamo esposti, è non solo di difficile delineazione, ma proprio per i suoi confini sfumati è stata interpretata diversamente nella storia della letteratura e della filosofia. Stefano Micali persegue l’obiettivo ricostruendo la sua storia in modo non banale, ricco di riferimenti letterari, ma anche immettendo una vitale quota di sintesi e creatività.
Prima di tutto, la definizione di angoscia incontra un paradosso concettuale nella determinazione delle sue somiglianze e nelle differenze rispetto alla paura: nella definizione classica, l’angoscia si assocerebbe all’assenza di un oggetto intenzionale, mentre la paura alla sua presenza. In sostanza, possiamo avere paura di un cane, ma se avvertiamo il mondo che si distorce in modo sinistro senza chiaramente individuare una sorgente della minaccia siamo di fronte all’angoscia. Curioso è tuttavia come, a partire da questa concezione, diversi autori abbiano utilizzato la demarcazione tra angoscia e paura come elemento definitorio della condizione umana rispetto a quella animale, giungendo tuttavia a conclusioni molto diverse. Per alcuni autori l’angoscia è un’esperienza radicalmente umana, mentre gli animali possono solo provare paura: qui è sottesa una concezione dell’angoscia in chiave esistenziale, come sentimento di angosciosa consapevolezza dell’uomo nel mondo. Al contrario, altri autori identificano nell’angoscia un sentimento informe e amorfo, come quello che hanno i bambini e gli animali, mentre la paura sarebbe un’angoscia educata, in qualche modo, come se la crescita dell’uomo permettesse di individuare degli specifici oggetti di cui avere paura, preservando il resto dalla minacciosità. Chiari sono i riferimenti con l’esperienza pre-psicotica, con il dilagare del senso di timore e sperdimento nei confronti del mondo, che poi trova una sua condensazione nell’esperienza delirante – vissuta, in quest’ottica, come la miglior soluzione possibile che si è presentata per riemergere dall’angoscia magmatica dell’informe.
Micali ripercorre le principali concezioni filosofiche sull’angoscia nelle loro valenze positive o negative, da Kierkegaard ad Heidegger, ed arricchisce e alleggerisce lo scorrere della prosa con riferimenti a Kafka, a James, a Sofsky. Dopo, arriva la funzione sintetica, che gli permette di identificare i fenomeni fondamentali dell’angoscia. Il primo tratto che viene identificato è l’anticipazione immaginativa quasi-intenzionale, che corrisponde ai fantasmi anticipatori che ci rendono minuscoli rispetto all’evento che sta per manifestarsi, che ci fanno esperire la profondità della nostra impotenza. Il secondo tratto dell’angoscia è l’ispirazione negativa, che rappresenta il punto di confine tra l’aspettativa e il presagio. Incontriamo poi l’incarnazione dell’angoscia, il suo manifestarsi a partire dal corpo: l’angoscia si iscrive nel corpo e nelle sue manifestazioni paniche. Infine, l’angoscia si caratterizza per l’interlocuzione con una potenza estranea, che corrisponde all’incontro con il perturbante e al suo potere sconvolgente sulla nostra psiche.
Intessuta nella trama del dispiegamento fenomenologico dell’angoscia è l’esperienza del trauma, che più di ogni altra ci fa fronteggiare contemporaneamente i nostri fantasmi e la nostra impotenza. In questo libro si trovano quindi prospettiva filosofica, declinazioni cliniche e una minuziosa e attenta analisi di un sentimento di cui spesso parliamo, ma che forse adesso abbiamo gli strumenti per comprendere di più.