Durante il seminario ‘Dalla legge Basaglia ad oggi‘ abbiamo registrato con Peppe Dell’Acqua questa preziosa intervista, che in questo momento di crisi e di cambiamento dell’intera società proponiamo al nostro pubblico. Testimone d’eccezione della storia del movimento basagliano, che rimanda ad una vivificante possibilità di cambiare il mondo, Dell’Acqua ci fa entrare con le sue parole in un discorso che è politico, scientifico ma anche umano: quello della chiusura dei manicomi.
Dialogare con Peppe Dell’Acqua restituisce immediatamente l’impressione di essere di fronte ad un grande narratore. Soffermarsi e farsi assorbire dal suo racconto, invece, permette di capire di avere di fronte anche un instancabile inventore. Narratore e testimone di una lunga storia che porta alla chiusura dei manicomi e che, nonostante i ristretti argini della nostra democrazia, continua a generare buone pratiche di salute mentale; inventore in quanto uno dei protagonisti di questa ‘impensabile liberazione’.
Ascoltare dalla sua viva voce la Storia e le storie dei folli e degli operatori che hanno lavorato con Franco Basaglia a Trieste e Gorizia ci ha restituito l’energia per continuare questa ‘disperata ricerca del soggetto’, questa opera di apertura verso una condizione di possibilità, questa opera di ricollocamento dell’Altro nel deserto delle parole della psichiatria. Le sue parole sembrano muovere da un certo senso di urgenza; urgenza che sembra nascere da una certa quota di ottimismo della volontà, necessaria a ritrovare la forza per dissentire dalle consuetudini della psichiatria e a porsi in una relazione autentica con l’Altro. Dell’Acqua ci ricorda che Esserci significa sentire la ragioni dell’Altro, in un costante, doloroso e quotidiano corpo a corpo.
Da questa intervista emerge come l’incontro tra la fenomenologia e il pensiero lungo del movimento antistituzionale non solo sia possibile ma anzi sempre più auspicabile. Perché nel campo della cura della sofferenza mentale la fenomenologia da sola sembra come un uomo senza corpo, che rischia di perdersi nelle nebbie delle proprie descrizioni psicopatologiche, perdendo il contatto con il terreno sotto i propri piedi; mentre il movimento antistituzionale senza la fenomenologia appare come un uomo senza testa, che non riflette sul proprio operato lasciandosi trasportare sulle ali dell’entusiasmo e rischia di vedere nemici ovunque. C’è bisogno di testa e di corpo, di fenomenologia e di movimento basagliano, per costruire buone pratiche di cura. Ogni operatore della salute mentale lo deve in primis ai propri pazienti.