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Non si guarisce all’improvviso: riflessioni sulla malattia mentale ai tempi del Coronavirus

La settimana scorsa ricevo questo articolo su un gruppo WhatsApp di amici dove emergono commenti sulla stupidità e sulla trasparenza di questo ragazzo che in un momento simile fa un gesto così eclatante.

L’episodio che viene descritto su questo articolo è solo un emerso di un sommerso che non può essere cacciato via dal Coronavirus.

“Cercavo droga”. Così un fiorentino di 33 anni ha candidamente risposto a una pattuglia della polizia, che lo aveva fermato nel corso dei controlli sulle misure anti contagio. Davanti agli sguardi stupiti degli agenti, l’uomo ha mostrato l’autocertificazione in cui aveva messo nero su bianco, come stato di necessità, l’acquisto di stupefacente. “Ne ho bisogno” ha aggiunto davanti agli agenti increduli. Per lui è scattata una denuncia, con l’accusa di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, cita l’articolo al cui link di sotto vi rimando per completezza.

https://firenze.repubblica.it/cronaca/2020/03/20/news/firenze_coronavirus_sorpreso_in_strada_dagli_agenti_in_strada_sull_autocertificazione_ha_scritto_cerco_droga_-251782269/

Questo ragazzo esemplifica il mondo sommerso ma vasto delle persone che soffrono di malattia mentale, di dipendenze nello specifico che non spariscono col Coronavirus, anzi che si acuiscono in condizioni di isolamento forzato, di emergenza e di stress come le attuali. Il ragazzo dell’articolo nella fattispecie non tenta nemmeno di negare o di mentire, di trovare false giustificazioni a quello che per lui è chiaramente una necessità , ha bisogno della droga per vivere adesso, perché con tutta probabilità non sarà un ragazzo che sta facendo un percorso per disintossicarsi al Ser.T. (Servizio per le tossicodipendenze territoriale della Asl), per il quale avrebbe potuto avere una autocertificazione  dato che uscire per recarsi alle visite mediche, psichiatriche o psicologiche sono considerate necessità per la salute.  Non conosco la vera storia di questo ragazzo, ma mi fa riflettere su come le notizie vengano raccontate  dai giornalisti, come  in questo caso si mette in risalto la trasgressione della  regola, l’antisocialità del ragazzo, che è pur vera, tralasciando però la narrazione del perché si arriva a questo e di tutto il resto…del prima, del dopo…

Io voglio sperare o immaginare che in questa situazione questo ragazzo oltre alla denuncia sicuramente giusta per aver infranto le regole, sia poi però stato aiutato ed inviato a chi se ne può prendere davvero cura in questo momento: professionisti della salute mentale. Perché da un mancato rispetto delle regole, si riesca a cogliere un segnale, una richiesta di aiuto.

Come Heidegger:

“Questa fretta di sopprimere ogni distanza non realizza una vicinanza. La vicinanza non consiste infatti nella ridotta misura della distanza. Una piccola distanza non è ancora vicinanza. Una grande distanza non è ancora lontananza”.

Forse in questo momento  questo è stato l’unico modo in cui il ragazzo ha potuto esprimere la sua sofferenza e chiedere vicinanza.

Questo è il mio lieto fine a questa storia  in tempi  di covid-19.

Luisa Carini

Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale (I.T.F.S. Istituto di Terapia Familiare e Relazionale di Siena). Esercita privatamente in Toscana come libera professionista e collabora con l’associazione A.I.M.A. (Associazione Italiana Malati di Alzheimer Firenze - Centro di Ascolto di Cortona).Iscritta Ordine degli Psicologi della Toscana n. 6985.

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