PsicoterapiaTerapia Metacognitiva Interpersonale

Il legame tra relazione terapeutica e tecniche esperienziali

Teresa, ventisettenne universitaria, evita attivamente una serie di situazioni della sua vita per allontanarsi dal dolore che comporterebbero ma questo, a un certo punto, inizia a risultarle scomodo e limitante. Teresa non si sente più libera e autonoma e non riesce ad uscire da sola, a stare in casa da sola e a guidare di sera. Chiede continuamente rassicurazioni e ricerca vicinanza, anche solo telefonica, e questo inizia a innescare una serie di cicli interpersonali: le persone a lei più vicine si sentono sovraccaricate. Teresa non tollera l’idea di restare sola perché dominata dalla sensazione di pericolo costante e dalla conseguente certezza che nessuno sarà lì con lei ad aiutarla. 

La storia di vita di Teresa le ha creato un’idea inflessibile e incarnata: “attenzione, il mondo è pericoloso e nessuno ti starà vicino!” I genitori sono spesso venuti meno a una serie di comportamenti di cura e protezione primari e sono stati spesso violenti e minacciosi. Gli eventi di vita della paziente giustificano le somatizzazioni, i comportamenti di evitamento e la generale difficoltà a regolare le emozioni. Teresa oscilla tra un certo terrore paralizzante e l’ottundimento emotivo: questa traiettoria di vita, assieme alle manifestazioni cliniche di cui ne sono l’uscita psicopatologica, portano la terapeuta alla diagnosi di PTSD complesso, formulato e trattato utilizzando la Terapia Metacognitiva Interpersonale per il trauma complesso (Ottavi et al., 2021). 

Recentemente la Terapia Metacognitiva Interpersonale ha ampliato le sue procedure di intervento grazie ad una serie di tecniche esperienziali (Dimaggio et al., 2019) che, applicate in modalità e tempi diversi della terapia, rispondono a determinati scopi: possono essere tecniche di tipo immaginativo, corporeo, comportamentale e drammaturgico (per una descrizione esaustiva rimandiamo al testo “Corpo, immaginazione e cambiamento”; Dimaggio et al., 2019). La ricchezza che deriva dall’utilizzo di queste pratiche non si riduce alla mera applicazione modellistica, ma va colta nel loro essere inserite all’interno di un’accurata formulazione del caso, nel loro convergere verso certi obiettivi di salute negoziati con il paziente e, non per ultimo, nel loro poggiare su una buona relazione e alleanza terapeutica. 

Proprio per questo motivo, il ricorso ad esempio alle tecniche immaginative finalizzato alla riscrittura degli schemi relazionali o l’uso di tecniche comportamentali ai fini dell’esposizione a situazioni temute sono state condivise e rinegoziate continuamente con Teresa.  Nonostante l’attitudine cooperativa della terapeuta e la costante e faticosa attenzione alla negoziazione del percorso da intraprendere e degli strumenti per farlo, Teresa, durante una seduta, con freddo distacco, confessa di non essersi esposta alla situazione temuta come da accordi e lo fa con espressione fatua, voce sottile e corpo come raggomitolato su sé stesso.

 “Non ho fatto il compito, sono la solita incapace!”: questo il pensiero di Teresa. “Ho fallito ancora, mi conviene abbassare la testa e subire l’ennesima umiliazione”. Questa l’atmosfera nella stanza della terapia. Cosa stava succedendo tra paziente e terapeuta? Quest’ultima era diventata giudice inflessibile pronto a umiliare e disprezzare, come da vecchio copione incarnato che giuda Teresa nelle relazioni interpersonali. A partire dai marker corporei, esplorando con curiosità l’episodio relazionale che le vedeva coinvolte (Ey et al, 1990) nello stesso modo in cui si fa con un episodio narrativo “esterno” alla seduta, la terapeuta insieme alla paziente riformulano lo schema interpersonale maladattivo, collegano memorie associate della storia di vita e arricchiscono la conoscenza circa il funzionamento della paziente.

Con Luca, quarantasettenne incatenato nel corpo e nei pensieri ai sensi idi colpa per una madre fragile e sofferente, medesimo scenario. Una volta esplorate le ragioni del suo sacrificio di espiazione, si concorda che, attraverso la tecnica delle due sedie avrebbe potuto inscenare, nel vivo della seduta, un dialogo con la madre. Lo scopo concordato era sostare nel senso di colpa, regolarlo nella sua componente somatica e riscriverne il senso, liberandosi dal vissuto viscerale di essere lui, ed esclusivamente lui il tiranno, il principale artefice della sofferenza degli altri. La terapeuta cede la sedia a Luca e si posiziona dietro di lui. Di fronte c’è la sedia vuota. Luca è visibilmente bloccato, tentenna, si irrigidisce, i pensieri non prendono la forma di parole comprensibili, e si volta verso la terapeuta con fare sospettoso. Lei lo incoraggia, gli ricorda quale sono i suoi desideri ma Luca non riesce a dire nulla. La terapeuta interrompe l’esercizio ed esplora riuscendo ad accedere in territori sconosciuti del paesaggio interno di Luca, lontani dalla colpa e dalla tendenza alla sacrificalità di cui sopra. Luca infatti afferma che “se stai dietro di me ho paura, sento che potresti aggredirmi e minacciarmi”. Questo ha permesso di evidenziare il tratto paranoide di personalità del paziente, fino a quel momento mai emerso. 

Le storie di Teresa e Luca sono soltanto due esempi di come la proposta o l’esecuzione delle tecniche esperienziali all’interno del setting terapeutico non sia scevra dalla riflessione sull’alleanza terapeutica. Bordin (1979) afferma che il legame tra paziente e terapeuta sia strettamente legato all’accordo sugli obiettivi e sui compiti. Nessuna terapia, infatti, può muoversi in direzione di cambiamenti significativi se non poggia su un contratto terapeutico esplicito e consensuale che prevede il “dove” si vuole arrivare e il “come” ci si vuole muovere. Ed è proprio nel come che ritroviamo le tecniche esperienziali. Noi terapeuti siamo chiamati sì a suggerire la tecnica, ma anche a tenere d’occhio il contesto relazionale in cui essa viene proposta e applicata. Ed è per questo che le rotture o flessioni dell’alleanza (Safran & Muran, 2000), le non aderenze al contratto e allo svolgimento di tecniche non solo sono da rilevare e riparare (Eubanks, Safran & Muran, 2019). Esse, infatti, implementano la conoscenza sul mondo interno e relazionale del paziente, mostrandoci come egli si muove nelle relazioni con gli altri e, quindi, anche con il terapeuta e possono, di conseguenza, rafforzare l’alleanza terapeutica (Centonze et al., 2023).

Possiamo quindi concludere che, ad oggi, la psicoterapia in generale, a qualsiasi orientamento si riferisca, debba muoversi su due binari. Da un lato l’attenzione costante alla relazione terapeutica e dall’altro all’applicazione di tecniche che favoriscono cambiamento. Nessuno di questi due binari sovrasta l’altro ma sono in rapporto bidirezionale e di influenza reciproca. Affermiamo quindi che, con tutte le tecniche a disposizione oggi e tutte le evidenze a favore della loro sicurezza e utilità (Hoppen et al., 2022; Raabe et al., 2022), il vero rischio è offrire un trattamento senza la componente espositiva. Siamo certi che sempre più dati empirici arricchiranno le evidenze e offriranno sempre più spunti di riflessione in quest’ottica! 

BIBLIOGRAFIA

Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy: Theory, research & practice16(3), 252.

Centonze, A., Popolo, R., Panagou, C., MacBeth, A., & Dimaggio, G. (2023). Experiential techniques and therapeutic relationship in the treatment of narcissistic personality disorder: The case of Laura. Journal of Clinical Psychology.

Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Raffaello Cortina Editore.

Eubanks, C. F., Muran, J. C., & Safran, J. D. (2019). Repairing alliance ruptures.

Ey, H., Bernard, P., Brisset, C., Visintini, F., & Visintini, D. (1990). Manuale di psichiatria. Masson.

Hoppen, T. H., Lindemann, A. S., & Morina, N. (2022). Safety of psychological interventions for adult post-traumatic stress disorder: meta-analysis on the incidence and relative risk of deterioration, adverse events and serious adverse events. The British Journal of Psychiatry221(5), 658-667.

Ottavi, P., Galasso, M.V., Popolo, R., Dimaggio, G., Centonze, A. (2021). La terapia metacognitiva interpersonale per il disturbo da stress post traumatico complesso. In Affrontare il trauma. Verso una psicoterapia integrata, cura di Dimaggio, G. ApertamenteWeb

Raabe, S., Ehring, T., Marquenie, L., Arntz, A., & Kindt, M. (2022). Imagery Rescripting as a stand-alone treatment for posttraumatic stress disorder related to childhood abuse: A randomized controlled trial. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry77, 101769.

Safran, J. D., & Muran, J. C. (2000). Resolving therapeutic alliance ruptures: Diversity and integration. Journal of clinical psychology56(2), 233-243.

Virginia Valentino

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Collabora col centro tmi di Roma ed è una delle fondatrici del centro tmi di Avellino. I suoi ambiti di interesse principali riguardano i disturbi della personalità, disturbi d'ansia e trauma correlati e le neuroscienze.

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